Filosofia

La filosofia del SENDS

 

L’apprendimento scolastico è un processo che si realizza soprattutto nello spazio e nei tempi dell’istituzione scolastica, con i vincoli e le risorse che la caratterizzano. L’apprendimento deve sfociare in un sapere di tipo operativo, ossia un sapere che l’allievo è in grado di attivare in ogni occasione. Affermare che il sapere acquisito deve essere operativo, significa sostenere che un sapere è realmente interiorizzato quando può essere utilizzato fuori e dentro la scuola, permettendo a un soggetto di agire e di interagire con la realtà: fare scelte, risolvere problemi, prendere decisioni. Capita, però, che insegnanti e studenti, confondano l’apprendimento con la memorizzazione. In altre parole, troppo sovente accade che gli insegnanti pensino che uno studente abbia appreso un contenuto d’insegnamento (per esempio, il concetto di densità) soltanto perché è in grado di restituire la nozione così come è stata insegnata, recitandone la definizione appresa a memoria; oppure perché è in grado di eseguire una serie di esercizi che richiedono l’applicazione meccanica di certe regole o di determinate formule.

Si tratta quasi sempre di un’illusione, in quanto tali conoscenze di tipo mnemonico non vengono metabolizzate, ossia acquisite, fatte proprie, interiorizzate dall’allievo, ma restano esterne alla sua struttura mentale.

Il fulcro della dinamica di una classe è costituito dalla relazione didattica che ha tre componenti – gli allievi, l’insegnante, il sapere – le quali interagiscono costantemente nel corso dell’apprendimento (Figura 1). Di conseguenza, questo non può essere inteso come un atto che appartiene unicamente al soggetto che apprende, ma deve essere concepito come un processo caratterizzato da tre dimensioni:

  • La dimensione costruttivista che fa riferimento al soggetto che apprende, la cui attività intellettiva è considerata una componente fondamentale del processo di acquisizione di nuove conoscenze.
  • La dimensione sociale che fa riferimento agli individui presenti in classe, mettendo l’accento sul confronto di idee e sulla cooperazione che deve instaurarsi tra gli allievi e tra allievi e insegnante.
  • La dimensione interattiva che fa riferimento ai contenuti e alle situazioni di apprendimento, mettendo l’accento sull’interazione che deve esistere tra le conoscenze degli allievi e gli oggetti di apprendimento, tra i quali figurano anche i saperi formalizzati, presentati in opportune situazioni di apprendimento.

 

Figura 1 – La struttura didattica

 

Queste tre dimensioni non possono funzionare isolate l’una dall’altra. Solo se sono presenti insieme e contemporaneamente all’interno di una situazione di apprendimento possono trasformarla in una occasione di apprendimento. Si tratta, infatti, di componenti di natura dinamica che interagiscono fortemente tra loro e che, insieme, fanno progredire il processo di apprendimento in ambito scolastico. Esaminiamo più da vicino queste tre dimensioni.

 

La dimensione costruttivista

La dimensione costruttivista postula che le conoscenze non si riducono mai a una serie di nozioni, di definizioni o di enunciati destinati a essere memorizzati. Esse vengono costruite come risposte adeguate, conseguenti alla risoluzione di situazioni-problema per affrontare le quali ogni soggetto ricorre, in prima battuta, alle conoscenze di cui già dispone. In altre parole, non è sufficiente mettere gli allievi a contatto con il sapere, ma occorre fare in modo che questi partecipino in prima persona alla sua elaborazione per poterlo acquisire: la conoscenza è il frutto dell’attività del soggetto che impara. Quale genere di attività? Quando si parla di attività dell’allievo, non si intende la manipolazione di oggetti e strumenti, ossia un’attività di tipo fisico, manuale; ci si riferisce, al contrario, all’attività mentale, ossia all’acquisizione attiva di conoscenze elaborate nell’ambito di un processo nel quale si alternano e si intrecciano momenti di indagine del reale e di risoluzione di problemi con momenti di strutturazione delle conoscenze, vale a dire di organizzazione del pensiero. È opportuno segnalare che non si devono confondere i problemi con le domande. Per esempio, sono domande: quando l’Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna nel corso del secondo conflitto mondiale? In quale stagione si trapiantano le piante? Quando furono pubblicati i Promessi Sposi? Si tratta di interrogativi ai quali si può rispondere fornendo un’informazione puntuale. Per contro, interrogativi come “quali furono le cause della seconda guerra mondiale?”, “Come si nutrono le piante?”, “Come si trasmettono i tratti somatici dai genitori ai figli?” non possono ricevere una risposta puntuale, in quanto pongono problemi che possono essere risolti soltanto con attività di ricerca e di indagine, mediante le quali «costruire» soluzioni adeguate. Affinché tali attività risultino feconde per l’apprendimento, è necessario che vengano proposte situazioni-problema che coinvolgano tutti gli allievi di una classe e siano formulate in termini operativi, in modo che possano essere affrontate con un’attività di ricerca.

 

La dimensione sociale

Basandosi sui risultati ottenuti con numerosi studi sperimentali, gli psicologi sociali dell’educazione hanno mostrato che quando più soggetti affrontano insieme lo stesso problema, si può produrre un progresso significativo sul piano intellettuale, anche se nessuno è in grado di proporre la risposta corretta. Ciò si verifica quando i soggetti si trovano contemporaneamente in situazione di conflitto e di cooperazione: esiste conflitto (conflitto sociocognitivo) tra le soluzioni contrastanti che essi propongono, ma la cooperazione è imposta dall’esigenza di trovare un accordo per costruire una soluzione comune. Ogni soggetto è indotto, per non dire costretto, a tenere conto sia delle proprie idee sia di quelle dei compagni, e a impegnarsi in un processo di sintesi che integri i diversi punti di vista accettabili. In altri termini, se all’interno di un gruppo si attiva un conflitto sociocognitivo (interpersonale), è molto probabile che questo metta in moto in ognuno (o in molti) dei suoi componenti un conflitto cognitivo (intrapersonale).

 

La dimensione interattiva

L’apprendimento è un processo individuale che viene favorito dagli scambi sociali; vi esercitano però un’influenza importante anche le interazioni che si realizzano tra il soggetto che apprende e l’ambiente. Le ricerche più recenti sulla cognizione umana evidenziano che questa non può essere considerata un’entità isolata dall’ambiente fisico nel quale essa opera. L’attività mentale va intesa come un’articolazione complessa di pensiero e azione, conoscenza ed esperienza. Le facoltà cognitive di ogni soggetto sono legate in modo inestricabile alle sue esperienze, alle sue letture, alle sue emozioni e alle passioni che egli vive in modo del tutto personale e che contribuiscono a rendere unica la sua visione del mondo, la sua interpretazione della realtà. In questa prospettiva, l’apprendimento scolastico risulta fortemente influenzato dall’ambiente fisico, dal contesto nel quale si realizza e dalle interazioni che vi si instaurano. In altri termini, le situazioni didattiche con le quali deve confrontarsi il soggetto costituiscono le sorgenti del suo apprendimento, in quanto hanno essenzialmente la funzione di aiutarlo ad acquisire, a metabolizzare i contenuti che programmi e curricoli identificano come saperi da apprendere. È grazie alle situazioni-problema proposte agli allievi dagli insegnanti che i saperi sono messi in interazione con la dimensione costruttivista e con quella sociale del processo di apprendimento; si abbandona così l’empirismo di stampo positivista, che privilegia le attività di osservazione e di sperimentazione nella convinzione che sia sufficiente attivare i sensi per produrre l’esperienza, e con l’esperienza, la conoscenza.

 

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